QUESTI raccontI SONO DI
martinasissY
Il locale
Finalmente mi ero decisa, superate le paure e
le inibizioni. La strada era buia illuminata fiocamente solo dalle tenui
luci del locale.Scesi dalla macchina, mi incamminai con i miei stivali
con tacco 12 in quella strada sporca e mal tenuta.Mi ero vestita in modo
da non lasciare dubbi: completamente depilata, avevo indossato calze a
rete nere stivali al ginocchio minigonna che mi copriva appena il tanga,
sopra indossavo un corsetto sempre nero lucido molto stretto che metteva
in risalto i miei fianchi e il mio seno (grazie agli ormoni ero arrivata
alla II) ,avevo messo un collare con scritto slut con catene che
arrivavano ai bracciali di pelle sui polsi. Martinasissy
La mia prima volta fetish con coppia.. (vita
reale.)
Martinasissy |
QUESTO racconto ci è stato mandato da aramis
Piacevolmente All’inizio dell’anno avevo messo sul sito un mio annuncio. Quindi era partita l’attesa. Le risposte da parte di coppie sono sempre state un dono raro e ormai me ne ero fatto quasi una ragione, o meglio cercavo le ragioni e, soprattutto, cercavo di darmi delle risposte. Un annuncio su migliaia chi ti dice che venga preso in considerazione. Dove era sbagliato? Nelle foto? Nella foto di presentazione? In quello che avevo scritto? E intanto scorrevo gli annunci …guardavo e…aspettavo novità in casella. Tutto così fino ad una risposta di inizio luglio. Finalmente una coppia. Il solito singolo sotto mentite spoglie - mi sono detto. Ho atteso a rispondere un paio di giornate. Poi mi sono deciso. “…grazie della risposta…sono….ecco come contattarmi” e poi ..invio. Passano tre giorni…quattro e la convinzione della falsa coppia si fa sempre più strada. Ma ecco la risposta. Questo è il nostro numero ..sentiamoci. Ci siamo dati appuntamento a fine pomeriggio nel parking di un noto discount di mobili e arredi alla periferia est di Milano. Arrivo, posteggio e …attendo di vedere la loro auto arrivare. Eccoli. Fanno un giro e poi parcheggiano di lato a me. Uno sguardo di lei, quello di lui e poi scendiamo. Lei – Patrizia - è mora, capelli corti, non magrissima, ma molto tonica. Lui è brizzolato, nello sguardo simpatico. Ci presentiamo e in piedi, a portiere aperte, partono le solite domande: da tanto hai l’annuncio…altre esperienze…sei veramente di ….Intanto lei si avvicina a me. Indossa un vestitino a fiori leggero, corto e le vedo bene le tette abbronzate. Allungo la mano e le tocco il culo. “A me piace molto guardare due maschietti che giocano” mi dice e mi prende la mia mano che già le accarezzava il culo e la porta sulla patta di lui. La tiene li e sento il pacco di Carlo…non male..Le mi guarda eccitata. “Dai saliamo – dice lui - qui iniziano a passare in tanti”. Una volta in macchina, forse per il cambio di scena, la complicità un po’ se ne va. “Noi non ospitiamo sai, hai letto nella nostra riposta - dice Patrizia - ci piace giocare..diciamo così fuori casa”. Nemmeno io posso ospitare però - dico io. “Certo lo abbiamo letto, ma pensavamo di trovarci un fine settimana di questi in un agriturismo. Ne conosciamo uno bello e discreto in Liguria, che ne dici prenotiamo insieme, due camere e poi così giochiamo senza il patema del chi ospita”. Ci accordiamo così, con il proposito di uno scambio di mail per luogo, la data e via. Arriviamo in agriturismo il venerdì pomeriggio. Caldo in macchina, traffico..tutti abbiamo il desiderio di una doccia e di rilassarci un po’. Ceniamo in agriturismo e il pesto ed un fantastico bianco frizzante, non solo sciolgono la conversazione, ma rendono tutti e tre impazienti per il dopo cena, anche perché Patrizia si era lasciata volentieri toccare le coscie abbronzate, sia da me che da Carlo. Ci alziamo da tavola. “Ti aspettiamo” mi dice Patrizia alzandosi. Busso. Mi apre lei. Sta dietro la porta, con un tanga nero. Mi tira dentro. “Finalmente, ti aspettavamo”. Mi fa sedere sulla poltroncina in camera e anche lui si avvicina in piedi. Mi slaccia i pantaloni e inizio a spogliarmi. Anche Carlo è nudo e a pochi centimetri dal mio viso ho il suo cazzo, già quasi duro. Lei mi spinge sulla nuca verso di lui. Inizio a leccare il cazzo di Carlo e lei segue il mio gioco, ogni tanto spingendomi e facendomelo sentire tutto in bocca. Poi Patrizia si sposta sul letto. Si sdraia, si sfila il tanga e inizia a sditalinarsi a gambe aperte, guardandoci. “Dai vieni qui, lecca anche me” – mi dice – alzando le gambe, si passa la mano allargandosi il culo. Non ne posso più!! Ormai la temperatura dell’incontro è altissima. La lecco, rispondendo al suo incitamento. Carlo nel frattempo mi tocca il cazzo. Temo di sborare subito. Forse sia Patrizia che Carlo lo capiscono e Patrizia si gira a pecorina. “Dai scopami”. Mi infilo alla velocità della luce il preservativo e sono dentro di lei. Carlo mi spinge il culo ritmando la mia chiavata, poi si sposta e sento che mi fa colare dell’olio solare sul culo, poi sento il suo cazzo che mi pompa. Da quel momento in poi, nessuno di noi tre si controlla più. Diciamo di tutto e godiamo, non so chi prima o chi dopo, ma il piacere è stato pieno e magnifico per tutti noi tre.autore: aramis
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QUESTO racconto ci è stato mandato da Mario di Torino
ricordi veri “Avevo
dieci anni quando conobbi una coetanea durante le mie vacanze estive in
campagna. Eravamo sempre assieme, giocavamo, correvamo per i prati, fu
proprio dopo di una di queste corse a piedi nudi che avvenne qualcosa
che avrebbe condizionato una parte del mio eros. C’eravamo messi all’ombra
di un albero frondoso, lei si accomodò su un tronco abbattuto che
fungeva da rozza panchina, io mi sdraiai per terra. Cominciò a farmi il
solletico con gli alluci, ridevamo entrambi, quando ad un tratto, come
se fosse la cosa più naturale al mondo, mi appoggiò i piedi in faccia.
Non so perché, non mi sottrassi, ma rimasi lì senza muovermi. Questo
gioco fu ripetuto quando ne avevamo l’opportunità: a volte lottavamo,
io mi lasciavo mettere sotto, allora lei mi si sedeva sullo stomaco, mi
faceva piegare le ginocchia ad uso di schienale, quindi mi appoggiava le
sue piccole estremità sul viso e così via con tante altre variazioni,
ma con il medesimo finale. Provavo un turbamento ed un’emozione
inspiegabili. Eravamo
curiosi dei nostri corpi, quando eravamo soli, lontani da sguardi
indiscreti, ci spogliavamo, osservavamo con attenzione la nostra nudità
alla scoperta delle diversità, che talvolta toccavamo con mano, io non
capivo, ma mi piaceva. Naturalmente ci guardavamo quando si faceva
pipì: a me faceva ridere vederla accucciata, lei rideva quando io
scrollavo il mio pisellino. La fanciulla era piena d’inventiva, un
pomeriggio, nel fienile, inventò un nuovo gioco. Questa volta, dopo
esserci denudati, mi fece sdraiare e si sedette sulla mia faccia, come
se fosse un cuscino, io la lasciavo fare, provavo sensazioni ed emozioni
che non avevo mai avuto prima. Una sera ci trovammo in un boschetto
dietro casa, alla tenue luce del crepuscolo ci sbarazzammo dei vestiti
per rimirarci un’ultima volta, poiché il giorno dopo saremmo partiti.
La bambina si accucciò, io mi avvicinai per vedere meglio, uno zampillo
paglierino uscì dalla sua fessura, mi avvicinai ancora di più, allora
lei fece un movimento del bacino per schizzarmi la sua pioggerella
naturale sul viso. Rimasi immobile, contrastato fra un senso di
ripugnanza ed un inspiegabile fascino per ciò che stava avvenendo. Non
la rividi più, ma il ricordo delle esperienze vissute assieme mi rimase
indelebile nella memoria. Molto
tempo dopo, avevo compiuto da poco diciassette anni, ci fu un fatale
incontro, che, attraverso la consapevolezza dell’adolescenza, fece
maturare alcune inclinazioni della mia libidine. Facevo
abitualmente acquisti in un negozio di commestibili, quelli in cui c’era
di tutto un po’. Una giovane bella signora, di qualche anno maggiore
di me, veniva a fare compere nello stesso posto. Non ero insensibile al
suo fascino, all’accattivante sorriso, che mi faceva sciogliere. Ci
salutavamo, scambiavamo banali convenevoli, ma nulla di più, finché
venne l’occasione per fare qualcosa per lei. Era sovraccarica di
borse, fu naturale offrirmi di aiutarla, dopo breve esitazione,
accettò. Abitava lì vicino. Per ringraziarmi mi offrì una bibita. Ci
furono altre volte. All’inizio non mi fermavo molto a casa sua, ma in
seguito le nostre conversazioni si fecero più lunghe ed interessanti.
Non mi facevo sfuggire ogni occasione propizia per farle dei complimenti
che lei pareva gradire, qualche volta ricambiava e mi spingeva a
confidenze sulle ragazze che conoscevo, pareva divertirsi delle mie
goffaggini adolescenziali. In
un tardo pomeriggio di fine maggio ci trovammo al solito negozio.
Sembrava che Anna, questo era il nome della mia bella, avesse terminato
la spesa, quando mi vide. Mi salutò con un rapido sorriso, poi parve
ricordarsi del vino, ne prese un cartone, che ovviamente mi caricai per
portarglielo a casa, mentre stavano cadendo i primi goccioloni di un
incipiente temporale primaverile. Questa
volta mi offrì un tè. Il temporale era scoppiato in tutta la sua
forza: pioggia battente, lampi, tuoni, s’era fatto quasi buio, ma la
luce rimaneva spenta. Mi aveva fatto accomodare su una poltrona posta ad
angolo retto rispetto al divano sul quale stava seduta, si era
sbarazzata dei sandali ed accavallava le gambe in continuazione,
facendomi intravedere i suoi tesori nascosti. Ero emozionato ed
eccitato. Lasciò cadere un cucchiaino, mi chinai per raccoglierlo, mi
trovai il suo piede ad un palmo dal naso, senza sapere perché lo presi
in mano e lo baciai. Sbirciai su per vedere che aria tirava, mi sorrise,
allora continuai. “Leccalo!” Come ipnotizzato obbedii seguendo i
suoi suggerimenti: non badando all’afrore che emanavano, lambivo la
pianta, succhiavo ogni dito, mi soffermavo fra gli spazi interdigitali,
alternandomi da un’estremità all’altra. Intanto si era tirata su la
gonna per offrirmi la visuale del paradiso, appena velato dalla
trasparenza delle sue mutandine di pizzo. Si alzò, tolse la gonna, la
camicetta, slacciò il reggiseno, se lo fece togliere facendomi usare
solo la bocca, mi permise appena di sfiorarle i seni con le labbra,
perché mi spinse giù e mi impose di toglierle gli slip usando solo la
bocca e i denti. Non faceva nulla per aiutarmi, anzi stringeva le gambe,
in modo che labbra e naso sfregassero la zona pubica, solleticavo il
folto cespuglio, ne percepivo l’afrore, ne sentivo il calore: era la
prima volta che sentivo, toccavo e respiravo i piacevoli effluvi della
fica. Mi
spogliò, impugnò la mia virilità prepotentemente eretta, in quel
momento avrebbe potuto chiedermi qualsiasi cosa. Si sdraiò sul divano:
furono baci e carezze, imboccavo i seni, sentivo i capezzoli indurirsi
sulla lingua, li succhiavo come un neonato, scendevo giù, sempre più
giù, spinto dalle sue mani impazientemente esigenti. Si rigirò per
farmi ammirare il mappamondo, cominciai a baciarle le natiche, a
mordicchiarle, sprofondai il viso nel solco della pesca coprendolo di
baci appassionati, sentivo il gusto un po’ aspro della sua grotta più
stretta, con quella lubrica leccata le fornivo prova della mia
adorazione, mi sollecitò ad approfondire il movimento linguale “infilami
la lingua nel culo”, cosa che feci immediatamente, niente in lei mi
ripugnava, andai avanti per un bel pezzo, mi sentivo stanco, ma non mi
fermavo, nel timore di dispiacerle, finché, evidentemente soddisfatta,
si rigirò nuovamente in modo da offrirmi la visione del paradiso posto
fra le sue cosce oscenamente spalancate. Baciai maldestramente la
fessura, ma, sotto la sua guida paziente, imparai in fretta a leccarla
come piaceva a lei (da allora ho sempre praticato con entusiasmo il
cunnilincto, con molta soddisfazione sia mia sia delle partner), ne
apprezzai subito l’odore, il sapore, la scoperta del suo mistero, il
fascino dell’esplorazione, che ad un allievo attento e solerte come
me, dava modo di conoscere questo nuovo continente. Ci misi tutto l’impegno
possibile finché la sentii mugolare, sussultare, ansimare e chiedermi
con voce roca e concitata di bere ed inghiottire il frutto del mio
lavoro; così per la prima volta assaporai il gusto un po’ aspro ed
intenso dell’orgasmo femminile. Mi attirò alla sua bocca, mi baciò
lascivamente “fammi sentire il sapore della mia sborrata”. Intanto
me lo aveva preso in mano per guidarlo dentro alla grotta bagnata dai
suoi umori. La penetrazione avvenne facilmente, mi sentivo in paradiso,
non c’era paragone con le masturbazioni, era una tale delizia che
avrei voluto che durasse all’infinito. I suoi sapienti movimenti,
uniti alla folle mia eccitazione mi portarono ben presto ad un orgasmo
così intenso come mai prima avevo provato, mi abbandonai a lei come un
bambino. Seguirono momenti di dolcezza infinita, mi sentivo rilassato,
appagato, in stato di beatitudine. Le raccontai di quell’estate d’alcuni
anni prima, con la bambina, delle esperienze vissute, lei mi ascoltava
con vivo interesse, sollecitandomi ad esprimere anche le mie sensazioni;
le dissi tutto. I
suoi occhi si accesero di una strana luce “Le tue confidenze mi hanno
stuzzicato la voglia di fare altri giochi con te, ma non so se tu
saresti disposto a…” La interruppi “farò qualsiasi cosa che tu mi
chieda!” Esclamai concitato. Mi fece mettere a quattro zampe, mi salì
in groppa e si fece portare in bagno, si lavò, quindi lavò me, poi
alzò l’asse del water, ci si mise sopra rimanendo in piedi, piegò
leggermente le ginocchia. Immaginando ciò che stava per fare, mi
avvicinai, memore dei miei ricordi fanciulleschi, mi misi in ginocchio
per osservare meglio. Uno spruzzo dorato zampillò dal suo adorabile
foro, si interruppe “leccamela!” Senza badare alle gocce rimaste,
allungai la lingua per lappare e, mentre slinguavo la sua dolce
fighetta, un getto potente mi inondò la bocca, ma non mi tolsi, perché
quello che mi stava facendo la soddisfava e così leccavo, succhiavo,
bevevo, a stento sentivo le sue parole quasi farfugliate per l’eccitazione
“mangiami la figa, succhia, ti sto pisciando in bocca, bevila!”
Continuavo la mia azione sempre più freneticamente, lei muoveva il
bacino, quasi come se volesse farmi entrare il sesso fino in gola,
quando venne inghiotti la crema fino all’ultima goccia. Mi
sorrideva felice, si insaponò un dito, si mise a sedere sull’asse:
con una mano prese a masturbarmi, con il ditino insaponato mi stuzzicava
lo sfintere, lentamente e dolcemente mi sodomizzò, mentre aveva
imboccato il cazzo per farmi un pompino. Era la prima volta, le
carezzavo teneramente i capelli, la vedevo muovere la testa avanti e
indietro, sentivo la sua lingua sul mio membro duro come una sbarra, le
unghie che carezzavano le palle. Non saprei dire se era meglio la sua
calda grotta o la bocca, la mia eccitazione cresceva esaltata dalla sua
sapiente succhiata, il dito nel culo mi dava sollecitazioni mai provate
prima di allora, non ci volle molto a farmi orgasmare, in ogni modo il
godimento che mi procurò fu altrettanto intenso che quello precedente.”… Mario da Torino contatta Mario sever@fastwebnet.it
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